Lo hanno definito “downsizing generazionale”. E’ il timore, condiviso dal 57% degli italiani, secondo cui i propri figli e nipoti avranno un tenore di vita peggiore.
Le aspettative degli italiani sono negative, rileva un’indagine del Censis. Il 61,4% convinto che il proprio reddito non aumenterà nei prossimi anni. Il 63,7% crede che, dopo anni di consumi contratti e accumulo di nuovo risparmio cautelativo, l’esito inevitabile sarà una riduzione del tenore di vita.
Fare investimenti di lungo periodo è una opzione per una quota di persone (il 22,1%) molto inferiore a quella di chi vuole potenziare i propri risparmi (il 56,7%) e tagliare ancora le spese ordinarie per la casa e l’alimentazione (il 51,7%).
L’immobilità sociale genera insicurezza, che spiega l’incremento dei flussi di cash. Rispetto al 2007, dall’inizio della crisi gli italiani hanno accumulato liquidità aggiuntiva per 114,3 miliardi di euro, un valore superiore al Pil di un Paese intero come l’Ungheria. La liquidità totale di cui dispongono in contanti o depositi non vincolati (818,4 miliardi di euro al secondo trimestre del 2016) è pari al valore di una economia che si collocherebbe al quinto posto nella graduatoria del Pil dei Paesi Ue post-Brexit, dopo la Germania, la Francia, la stessa Italia e la Spagna. Quasi il 36% degli italiani tiene regolarmente contante in casa per le emergenze o per sentirsi più sicuro e, se potessero disporre di risorse aggiuntive, il 34,2% degli italiani le terrebbe ferme sui conti correnti o nelle cassette di sicurezza. Così, con una incidenza degli investimenti sul Pil pari al 16,6% nel 2015, l’Italia si colloca non solo a grande distanza dalla media europea (19,5%), da Francia (21,5%), Germania (19,9%), Spagna (19,7%) e Regno Unito (16,9%), ma è tornata ai livelli minimi dal dopoguerra.
I più penalizzati sono i cosiddetti “millennial”. Rispetto alla media della popolazione, oggi le famiglie degli under 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% e una ricchezza inferiore del 41,1%. Nel confronto con venticinque anni fa, i giovani di oggi hanno un reddito del 26,5% più basso di quello dei loro coetanei di allora, mentre per gli over 65 anni è invece aumentato del 24,3%. La ricchezza degli attuali millennial è inferiore del 4,3% rispetto a quella dei loro coetanei del 1991, mentre per gli italiani nell’insieme il valore attuale è maggiore del 32,3% rispetto ad allora e per gli anziani è maggiore addirittura dell’84,7%. Il divario tra i giovani e il resto degli italiani si è ampliato nel corso del tempo, perché venticinque anni fa i redditi dei giovani erano superiori alla media della popolazione del 5,9% (mentre oggi sono inferiori del 15,1%) e la ricchezza era inferiore alla media solo del 18,5% (mentre oggi lo è del 41,1%).
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