Sono passati dieci anni dal lancio dell’iPhone, il primo smartphone introdotto sul mercato.
Dal 2007 ad oggi, per stare al passo con la crescente domanda, sono stati prodotti 7,1 miliardi di dispositivi mobile. Ma che fine fanno gli smartphone, una volta che vengono sostituiti? Diventano rifiuti elettronici. Solo nel 2014, secondo uno studio della United Nations University, il loro peso è stato di 3 milioni di tonnellate. E nel 2017 si prevede di arrivare a 50 milioni di tonnellate.
Di contro, denuncia Greenpeace in un rapporto dal titolo “From Smart to Senseless: The Global Impact of Ten Years of Smartphones”, presentato al Mobile World Congress di Barcellona, meno del 16% dei rifiuti elettronici globali viene riciclato.
“Se tutti gli smartphone prodotti nell’ultimo decennio fossero ancora in uso, ce ne sarebbero abbastanza per ogni persona sul pianeta. I consumatori sono spinti a cambiare telefonino così spesso che la media di utilizzo è di soli due anni: l’impatto sul pianeta è devastante – ha detto Elizabeth Jardim di Greenpeace Usa – Quando si considerano tutti i materiali e l’energia richiesta per realizzare questi dispostivi, la loro durata e il basso tasso di riciclo, diventa chiaro che non possiamo continuare su questa strada. Abbiamo bisogno di dispositivi che durino più a lungo”.
Greenpeace chiede all’intero settore It di adottare un modello di produzione circolare, in modo da affrontare alla radice molte di queste sfide ambientali. Un caso esemplare è quello di Samsung, che dovrebbe impegnarsi pubblicamente al riciclo del Galaxy Note 7s, riducendo al minimo l’impatto sulle persone e sull’ambiente.
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