Le pmi italiane si mostrano ottimiste sul futuro e non temono l’automazione: secondo il nuovo studio Microsoft-Ipsos Mori, le nuove tecnologie sono considerate uno strumento per ottimizzare i tempi (79%) e recuperare flessibilità (73%), per liberarsi da operazioni routinarie e dedicare più tempo all’espressione della propria creatività.
La ricerca è stata presentata in occasione del Micosoft Forum 2017, in cui si è parlato di rivoluzione digitale e sono state analizzate sulle prospettive dell’Industry 4.0, per aiutare i protagonisti delle pmi e delle grandi aziende italiane a cogliere le opportunità di Cloud Computing, Internet of Things, Machine Learning, Big Data e Intelligenza Artificiale.
Se si interrogano i dipendenti delle piccole e medie aziende nostrane sul significato di “digitalizzazione”, la maggior parte (53%) tende a ricondurlo al concetto di automazione, andando oltre il semplice passaggio dalla carta al computer (32%), e intendendo la digitalizzazione dei processi di gestione dei clienti, l’adozione di app o servizi per attività quali la contabilità e il monitoraggio dell’inventario, nonché l’analisi dei dati di business attraverso strumenti digitali, insomma l’automazione di operazioni routinarie. Interessante anche la percentuale (24%) di coloro che per digitalizzazione intendono la possibilità offerta alle risorse di lavorare ovunque e in qualunque momento. Sui benefici della tecnologia sono pressoché tutti d’accordo, il 79% dei dipendenti delle pmi italiane concorda sul fatto che permetta di ottimizzare i tempi e il 73% riconosce le opportunità offerte dal digitale in termini di flessibilità.
Se interrogati sul significato di crescita, la maggior parte dei dipendenti delle pmi italiane (47%) sono più inclini ad andare oltre meri aspetti monetari per identificare con questo concetto il perseguimento delle proprie passioni. È un falso mito anche che l’iniziativa imprenditoriale nasca dall’idea di lanciare un nuovo prodotto sul mercato, spesso tra le ragioni principali per cui si fonda un’azienda in Italia c’è l’aspirazione a conquistare un miglior work-life balance (28% degli imprenditori) o a sentirsi più sicuri sul proprio futuro (26%), diventando in effetti più padroni del proprio tempo e degli sviluppi del proprio lavoro. Interessante anche la percentuale degli imprenditori, che in un momento in cui avevano bisogno di un lavoro hanno visto l’avvio di un nuovo business come un’opportunità concreta di trovare un impiego (24%), una peculiarità italiana quella di rimboccarsi le maniche e creare in tempi di crisi.
Da un punto di vista di pianificazione, l’Italia è il primo tra i Paese europei in cui le pmi dichiarano di non avere un business plan strutturato (30% – laddove la media europea senza Business Plan è del 22%, con un picco del 29% tra le microimprese). In Italia è solo il 23% a dichiarare di avere un piano, che sia dei prossimi 12 mesi (13%) o di orizzonte più ampio da 1 a 3 anni (10%). E i motivi di questa mancanza di pianificazione strategica risiedono principalmente nella focalizzazione su priorità di breve termine (23%), nella mancanza di risorse essendo un compito non facilmente espletabile in via informale (17%) e nelle dinamiche del flusso di cassa che rendono difficile pianificare (15%).
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