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Sanità privata, gli italiani spendono 35 miliardi l’anno

Nel 2016 la spesa sanitaria privata grava sulle spalle degli italiani per 35,2 miliardi, con un aumento del 4,2% in termini reali nel periodo 2013-2016.
La conseguenza sociale, spiega un rapporto di Censis e Rbm Assicurazione Salute, sono disuguaglianze crescenti che risucchiano milioni di persone. Sono 13 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno sperimentato difficoltà economiche e una riduzione del tenore di vita per far fronte a spese sanitarie di tasca propria, 7,8 milioni hanno dovuto utilizzare tutti i propri risparmi o indebitarsi con parenti, amici o con le banche, e 1,8 milioni sono entrati nell’area della povertà.
Tra i cittadini che hanno dovuto affrontare spese sanitarie private, hanno incontrato difficoltà economiche il 74,5% delle persone a basso reddito (ma anche il 15,6% delle persone benestanti), il 21,8% al Nord, il 35,2% al Centro, fino al 53,8% al Sud. E hanno avuto difficoltà ben il 51,4% delle famiglie con al proprio interno una persona non autosufficiente che hanno affrontato spese sanitarie di tasca propria. La spesa sanitaria privata, ormai capillarmente diffusa tra gli italiani, pesa di più su chi ha meno, su chi vive in territori più disagiati e su coloro che più hanno bisogno della sanità per curarsi.
Perché gli italiani devono ricorrere di più al privato e pagare di tasca propria? Perché l’attesa per le prestazioni sanitarie nel servizio pubblico è troppo lunga e spesso richiede anche l’esborso del ticket. È questa la ragione principale per cui tanti italiani vanno nel privato e pagano a tariffa intera. Per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva a 142 giorni. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni (+6 giorni rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (+6 giorni rispetto al 2014), ma al Sud sono necessari 111 giorni. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (+8 giorni rispetto al 2014), ma l’attesa sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (+8 giorni rispetto al 2014), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (+18 giorni rispetto al 2014), con un picco di 77 giorni al Sud.
E le distanze tra le sanità regionali si ampliano. Il 64,5% degli italiani è soddisfatto del Servizio sanitario, mentre il 35,5% è insoddisfatto. Al Sud però i soddisfatti sono solo il 47,3%, mentre sono il 60,4% al Centro, salgono al 76,4% al Nord-Ovest e arrivano all’80,9% al Nord-Est. Il 31,8% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno il Servizio sanitario sia peggiorato, solo il 12,5% pensa che sia migliorato e il 55,7% ritiene che sia rimasto stabile. Al Sud il 38,9% dei cittadini pensa che la sanità della propria regione sia peggiorata, il 13,3% che sia migliorata e il 47,9% che sia rimasta uguale. Al Centro il 34,2% ritiene che sia peggiorata, l’11,4% migliorata e il 54,3% rimasta uguale. Al Nord-Ovest il 25,2% la giudica peggiorata, l’11,8% migliorata, il 63% rimasta uguale. Al Nord-Est per il 26,1% è peggiorata, per il 13,1% è migliorata e per il 60,8% è rimasta uguale. Sono dati che descrivono la sfida di sistemi sanitari locali in evidente traiettoria divaricante, con crescenti disparità nelle opportunità di cura dei cittadini. Come alternativa all’attuale sanità iniqua si va delineando un modello multipilastro che deve valorizzare la coesistenza tra pubblico, privato e sanità integrativa, unica strada per tornare ad ampliare la copertura restituendo sicurezza a tutti i cittadini.