Rapporto Obi 2014. L’internazionalizzazione è leva strategica per la ripresa
- 22 Luglio 2014
- Pubblicato in Economia
La crisi economica non allenta la presa e continua ad incidere sulle performance economiche delle imprese. Ancora maggioritario è infatti il numero di queste che dichiara un calo del fatturato (saldo -20,9) con una variazione media del -6,21%.
Le difficoltà sono comuni a tutti i settori produttivi, soprattutto quello delle costruzioni, anche se il manifatturiero appare in una situazione relativamente migliore grazie essenzialmente all’alimentare e ad alcuni comparti del petrolchimico che registrano performance sostanzialmente stabili bilanciando in parte l’andamento decisamente negativo degli altri comparti.
Anche la gestione degli assetti finanziari è peggiorata (per il 31,5% delle imprese)e tra le motivazioni principali, oltre il 67% delle imprese intervistate indica il rallentamento della domanda finale e quasi il 45% l’allungamento dei tempi di pagamento.
L’andamento degli ordini complessivi conferma quanto rilevato per il fatturato sia in termini di variazione media del portafoglio ordini(-4,64%) sia in termini di saldo(-12,1). Tuttavia, se si considerano gli ordini provenienti dall’estero, i risultati migliorano per tutti i settori diventando positivi (soprattutto per il manifatturiero) ad eccezione delle costruzioni. Quindi, l’austerità della crisi viene ancora mitigata un po’ dalla domanda estera.
Dal punto di vista geografico i risultati di mercato sono diffusamente negativi con una maggiore evidenza nel Mezzogiorno dove i saldi e la variazione media del portafoglio ordini in complesso sono rispettivamente di -30,5 (Italia -12,1) e -10,70% (Italia -4,64%). In contrapposizione con questa situazione, tale area risulta nel contempo la circoscrizione geografica dove gli ordini esteri presentano una dinamica comparativamente più positiva (incidono molto le performance della Manifattura) con un miglioramento della variazione degli ordini esteri (3,79%) superiore a quello presentato dalle altre aree (Italia +2,23%).
Ciò malgrado il 2013 è stato ancora nel complesso un anno difficile per l’economia meridionalem Il saldo tra imprese con fatturato in aumento e imprese con fatturato in diminuzione è ancora negativo,( -32,8)con un valore di fatto quasi doppio rispetto a quello del Nord Ovest. Nel contempo il fatturato si riduce mediamente del 11,62% ; Il grado utilizzo impianti è il più basso (67,2% contro 70,9% dell’Italia) e la situazione finanziaria è in diffuso peggioramento (-32,8% a fronte del -17,5% dell’Italia).In tale contesto tuttavia giova sottolineare che per tutte le aree geografiche i valori del 2013 sono meno negativi dei corrispondenti del 2012 e con qualche prospettiva di ulteriore recupero attesa per il 2014 .
Cifre e dati contenuti nel “Rapporto 201 Imprese e competitività” l’indagine annuale realizzata dall’Obi, Osservatorio Banche – Imprese di Economia e Finanza, su un campione di imprese italiane operanti nei settori manifatturiero, Ict, delle costruzioni e del turismo.
Il report è stato presentato questa mattina, a Roma, presso la sala del CNEL, durante un convegno dal titolo “La reazione delle imprese al diffuso clima di incertezza generato dal perdurare della crisi: si accentuano le diversità”. Dopo i saluti introduttivi di Gaetano Mastellone, Vice Presidente OBI, e del Presidente del CNEL Antonio Marzano, Antonio Corvino, Direttore Generale OBI, ha illustrato in anteprima i risultati dell’indagine campionaria – quest’anno alla settima edizione – fornendo un primo consuntivo dell’anno 2013 ed alcune valutazioni e stime sulle tendenze espresse per l’anno in corso, Ne hanno discusso, moderati dalla giornalista Monica Soldano: Luigi Gallo, Responsabile Ricerca e Innovazione INVITALIA, Cesare Imbriani, Università di Roma La Sapienza, Natale Mazzuca, Presidente Confindustria Cosenza, Severino Nappi, Assessore al Lavoro e Formazione ed orientamento professionale, Regione Campania. Dopo il dibattito l’evento è proseguito con l’intervento conclusivo di Adriano Giannola, Presidente SVIMEZ. Il Vice Presidente OBI Gaetano Mastellone ha sottolineato, nel suo intervento di apertura, “la necessità del ristabilimento di un proficuo rapporto tra imprese e credito che passi necessariamente da un lato attraverso un fondamentale processo di riorganizzazione delle imprese sul fronte patrimoniale e finanziario e dall’altro su un nuovo e più solido rapporto tra imprese e istituti bancari. Come peraltro evidenziato dal Rapporto Impresa e Competitività 2014, ormai giunto alla sua settima edizione, il futuro del sistema produttivo economico italiano e meridionale appare sempre più legato alla capacità delle imprese di riorganizzarsi per superare la loro dimensione troppo piccola, attraverso processi di aggregazione e di crescita. In tutto questo processo un ruolo fondamentale dovrà essere giocato dalle Istituzioni.”
“Nonostante la diffusa incertezza del momento conseguente al lungo perdurare della crisi, dalle prime analisi del Rapporto Impresa e Competitività – spiega Antonio Corvino, Direttore Generale OBI, – emergono, insieme con i molti problemi, qualche dato confortante almeno sulle esportazioni. Oltre il 40% del totale di imprese intervistate sono infatti attive sui mercati esteri dove realizzano poco più del 39% del proprio fatturato totale. È quindi ancora una volta l’internazionalizzazione una delle leve strategiche su cui puntare per ricostruire il sistema economico e produttivo nazionale.
Occorre perciò incoraggiare, anche con un’azione di “cultura imprenditoriale”, una maggiore propensione ad affacciarsi sui mercati esteri.
Dall’indagine 2014 – continua Corvino – considerando la ripartizione in tre cluster delle imprese contattate (imprese a dinamica positiva, imprese a dinamica negativa, imprese a dinamica invariata), si evince che solo il 12,7% delle imprese italiane ha intrapreso un sentiero di crescita virtuoso. Tale percentuale è ancora più fortemente limitata nel Mezzogiorno (7,7%). L’identikit delle imprese virtuose si caratterizza per buoni investimenti in internazionalizzazione, risorse umane, ricerca tecnologica, ed in innovazione gestionale ed organizzativa. E’ su queste imprese che le politiche industriali e di programmazione dovranno puntare, in vista di una riorganizzazione complessiva del sistema produttivo. Pertanto – prosegue Corvino – in vista di una dilatazione della platea delle imprese di eccellenza e di un restringimento di conseguenza la platea delle imprese marginali o a rischio espulsione dal mercato, è auspicabile che, a livello europeo nazionale e territoriale, si recuperi un efficace percorso di programmazione che conduca ad una pluriennale e selettiva politica industriale. Tale politica potrà trovare nelle indicazioni che emergono dall’indagine sulla competitività delle imprese italiane e meridionali degli imput sicuramente imprtanti . Essa dovrà altresì scontare gli scenari internazionali ed essere coerente con i processi e le dinamiche degli stessi.
In questo contesto – continua il direttore dell’OBI – potrà trovare una sua collocazione il modello TAC 3.0 proposto da OBI già da alcuni anni e incentrato sullo sviluppo sinergico di agroalimentare, turismo, territorio, creatività ed industria culturale, come settori trainanti di una logica di sviluppo sostenibile, in uno con il recupero di un manifatturiero di eccellenza. A valle di tutto ciò è necessario anche sviluppare il sistema da noi denominato “progetto portaerei”, costituito da piattaforme logistiche/commerciali, necessarie per ridare slancio e competitività al segmento medio dei beni di consumo”.
“Per uscire dalla crisi questo Paese deve, prima di ogni cosa, mettere in campo una reale politica industriale – osserva Severino Nappi, assessore al Lavoro e alla Formazione della Regione Campania – Da troppo tempo le imprese sono lasciate sole di fronte alle intemperie del mercato, nell’epoca della post-globalizzazione. Sole rispetto ad una burocrazia spesso illogica e asfissiante. Sole rispetto ad una normativa inutilmente complessa. Sole rispetto al sistema bancario, maldisposto a premiare progettualità e competenze perché tutto concentrato su parametri astratti e restrittivi. Sole rispetto all’Europa e alle strettoie di direttive che non tengono conto delle ridotte dimensioni delle aziende. I dati del rapporto, tuttavia, ci dimostrano che la voglia di scommettere sul futuro c’è ancora. E questo esalta il dovere di adottare, subito, logiche e strumenti nuovi. C’e bisogno di un’Italia autenticamente protagonista che protegga e sostenga le proprie imprese e non soffra di banale provincialismo. C’è bisogno di interventi a misura delle piccole imprese. C’è bisogno non di regole nuove ogni anno sul diritto del lavoro, ma di un mercato dinamico che cambi anche ogni anno al passo con l’economia, purché serva. C’è bisogno di favorire un’impresa di qualità che conquisti i mercati anche per la qualità dei suoi lavoratori e non perché si muove a ribasso di diritti e di costi. Mettiamo insieme le politiche del lavoro e quelle dello sviluppo per aprire una stagione di crescita fondata sui valori di un rinnovato patto sociale”.
“I primi risultati del rapporto OBI – commenta Cosenza Natale, presidente di Confindustria – restituiscono l’immagine di un Paese ancora in forte sofferenza con una accentuazione maggiore al mezzogiorno. Mancano significativi segnali di ripresa, permane elevato ed a rischio di ulteriore crescita il tasso di disoccupazione, l’approccio da parte delle banche continua ad essere di natura difensiva, le iniziative di sostegno all’economia da parte dei vari livelli di governo, centrale piuttosto che locale, stentano a mostrare segni di tangibile efficacia. Occorre accentuare un cambio di approccio che restituisca fiducia e sostegno alle imprese, consenta alla pubblica amministrazione di tornare ad investire nella necessaria opera di ammodernamento del Paese, segni un deciso momento di discontinuità rispetto alla recessione che stenta ad allontanarsi, sappia trasformare in ripresa i timidi segnali di inversione di tendenza che iniziano ad intravvedersi. Le proposte contenute nella sintesi finale del documento di OBI vanno sicuramente nella giusta direzione frutto, come sono, di contributi, studi e ricerche molto qualificate. Serve darne attuazione con misure rapide, semplici nella fase di realizzazione, efficaci e tempestive nelle ricadute”.