In sei anni di crisi in Italia è andato perso oltre un milione di posti di lavoro. Dal 2008 al 2014 nel nostro Paese gli occupati sono scesi da 25,3 milioni a 24,3 milioni con un calo di oltre 1 milione di unità (-4,08%). Nell’area euro l’occupazione è risultata in caduta del 2,85% (-4,3 milioni) da 153,3 milioni a 149 milioni. Unica eccezione è la Germania (+4,42%) che ha dato impiego a 1,8 milioni di persone in più (da 41 milioni a 42,8 milioni). Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi Unimpresa che ha analizzato l’andamento del mercato del lavoro in Italia e nell’area euro dal terzo trimestre 2008 al terzo trimestre 2014.
L’analisi di Unimpresa – basata su dati Banca d’Italia, Eurostat e Istat – mette in luce che nell’area euro (Unione europea a 18) l’occupazione è calata complessivamente da 153,3 milioni a 149 milioni: i posti di lavoro in meno pertanto sono 4,3 milioni (-2,85%). Dentro i nostri confini, in media si sono persi 172mila posti di lavoro l’anno. Gli occupati erano 25,3 milioni a settembre 2008 mentre già nel 2009 (terzo trimestre) erano calati a quota 24,8 milioni. Ancora una diminuzione nel 2010 (terzo trimestre) a 24,6 milioni, ancora giù a fine 2011 a 24,7 milioni e in calo dopo altri dodici mesi (settembre 2012) con 24,7 milioni di occupati che a settembre 2013 erano scesi a 24,2 milioni. L’ultima istantanea, terzo trimestre 2014, restituisce una fotografia a tinte fosche: rispetto ai 12 mesi precedenti si registra un lieve aumento (+29mila unità), ma rispetto all’inizio della crisi (terzo trimestre 2008) sono andati pers 1 milione e 33mila posti di lavoro con un calo percentuale pari al 4,08%.
Non solo l’Italia, comunque, vede diminuire l’area dell’occupazione. Fra i principali paesi che adottano la moneta unica, il quadro è negativo anche in Francia e Spagna. Nel dettaglio, in Francia nel terzo trimestre 2008 gli occupati erano 27,2 milioni mentre a settembre 2014 risultavano 27,1 milioni: i posti di lavoro persi sono 139mila (-0,51%). In caduta libera l’occupazione in Spagna che ha assistito a un crollo della forza lavoro: da 24,4 milioni a 18,3 milioni, gli occupati in meno sono 2,96 milioni (-24,72%). In controtendenza la Germania: l’occupazione tedesca, nonostante la crisi finanziaria internazionale e la recessione che ha colpito l’Europa oltre che il resto del Mondo, è aumentata del 4,42% da 41 milioni a 42,8 milioni con una crescita di 1,8 milioni di posti di lavoro.
“La situazione – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – è da allarme rosso. L’emorragia di posti di lavoro si estende a vista d’occhio giorno dopo giorno e non si vede una via d’uscita. Le imprese sono stremate e il fallimento è inevitabile.Finora il governo di Matteo Renzi ha deluso le nostre aspettative; poniamo ancora una volta l’esigenza di varare riforme serie, volte a dare speranza agli imprenditori e pure alle famiglie. Per rimettere in moto l’economia, e quindi per far ripartire l’occupazione, dando alle aziende la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, si deve dare impulso al credito e vanno tagliate le tasse”. Secondo Longobardi “senza la liquidità delle banche e senza un abbattimento drastico della pressione fiscale il nostro Paese non ha futuro. In questo quadro drammatico, abbiamo assistito finora purtroppo a una grande irresponsabilità dei partiti, specie quelli della maggioranza spesso divisi su questioni minori invece di pensare a salvare il Paese”. Per il presidente di Unimpresa “un ragionamento, e forse qualche ripensamento, va fatto anche in chiave europea: la Germania ha dati migliori, ma nel lungo periodo anche la robusta economia tedesca pagherà il conto in assenza di politiche economiche in grado di far ripartire anche i paesi più deboli”.
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