di Luigi D’Alise
Per tre milioni di lavoratori italiani, anche quello che si avvia a conclusione è un primo maggio da dimenticare. Sono i working poors di casa nostra, 400mila in più creati dalla pandemia, che vivono di stenti nonostante un’occupazione, con basse retribuzioni, part-time forzati, contratti di pochi mesi, a volte settimane o giorni.
Il rapporto Svimez fotografa un divario di salari del 75 per cento tra Nord e Sud.
Un collaboratore meridionale, spiega Valentina Conte su Repubblica, incassa la metà degli altri italiani, i dipendenti privati il 35 per cento in meno. Si salvano solo statali e laureati, in linea col resto del Paese. La retribuzione annua di un dipendente è di 15mila euro al Sud contro i 22mila del Nord, sotto di un terzo. Per le donne va anche peggio perché hanno un gap di territorio e di genere: guadagnano meno degli uomini, e ancora meno se al Sud.
Dignità del lavoro, doppiamente negata
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