di Luigi D’Alise
Il DNA della radio sta tutto nella sua invisibilità. Invisibili i conduttori, che parlano di fronte al vetro della regia.
Invisibile l’ascoltatore, che invia messaggi, chiama al telefono, scrive sui social.
Nel suo libro “Ascoltatori”, add editore, Susanna Tartaro, storica curatrice di Fahrenheit a Radio3, fa una cosa che raramente fanno coloro che lavorano alla radio, annota Tiziano Bonini nella sua recensione sulla rivista Doppiozero.
Inizia un viaggio al di fuori degli studi, per andare ad incontrare alcuni ascoltatori che ha conosciuto al telefono o incontrato nei festival da cui la radio ha trasmesso dal vivo.
Quello che esce fuori, è un ritratto sorprendente del pubblico di Radio3 Rai. Dove ti aspetti gente che lavora nelle industrie culturali, ex professori e maestre, artisti e musicisti, trovi invece operai disoccupati amanti della musica classica, pastori innamorati di vecchi film e Hollywood Party, ex preti divenuti portieri di condominio, pet terapiste, un giocatore di scacchi.
Quando si dice che la radio entra nelle case
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