Gli armadi della metà degli italiani sono pieni di capi di abbigliamento. Molti di più del necessario. Addirittura, secondo un sondaggio di Greenpeace e Swg, il 46% degli italiani possiede abiti mai utilizzati o ancora provvisti di etichetta.
Secondo la ricerca, per più di metà degli italiani l’acquisto eccessivo di capi di abbigliamento aiuta a combattere la noia e lo stress o ad aumentare l’autostima. Tuttavia gli intervistati dichiarano che il senso di euforia e soddisfazione post-shopping ha una durata limitata, che si esaurisce circa due giorni dopo l’acquisto.
Le donne residenti al Nord-Ovest e al Sud Italia, di età compresa tra i 30 e i 39 anni, con reddito personale superiore ai duemila euro, sono il segmento della popolazione più incline allo shopping eccessivo.
Il sondaggio evidenzia un’influenza medio-alta dei social sulla propensione agli acquisti di capi di abbigliamento e nove intervistati su dieci dichiarano di effettuare acquisti online. Questa tendenza è meno evidente in Germania ed è invece più marcata in paesi asiatici come Cina, Hong Hong e Taiwan dove Greenpeace ha realizzato un sondaggio analogo, i cui risultati verranno resi noti nei prossimi giorni.
L’industria tessile, denuncia Greenpeace, è tra i settori produttivi più inquinanti al mondo e, anche a causa del massiccio impiego di fibre sintetiche derivanti dal petrolio come il poliestere, il riciclo dei capi di abbigliamento a fine vita è estremamente difficile.
“Se queste abitudini non cambiano – dice Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – nei prossimi anni il nostro pianeta sarà invaso da montagne di rifiuti tessili. È necessario invertire la rotta: prima di effettuare il nostro prossimo acquisto abbiamo il dovere di chiederci se ne abbiamo realmente bisogno”.
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