Una buona lettura, nel letto, prima di addormentarsi, è un’abitudine che gli italiani non hanno perso. Ma i libri sul comodino sono sempre di meno.
È uno degli aspetti che emergono da una inchiesta Doxa, realizzata per il Sole 24 Ore.
Anche se con l’aumento della popolazione, e la scolarizzazione di massa degli anni Sessanta, la percentuale dei lettori è passata, dal dopoguerra ad oggi, dal 38 al 68 per cento, le preferenze dei consumatori di carta stampata vanno ai grandi romanzi. Ma nel 1950, oltre ai bestseller più o meno del giorno, da Via col vento a Per chi suona la campana a Il mulino del Po, c’erano tra i favoriti ancora alcuni classici italiani, da Le ultime lettere di Jacopo Ortis a I promessi sposi. Oggi, accanto ai big delle classifiche, ci sono classici d’altro genere: Il piccolo principe e Il Signore degli anelli, e tra gli autori di casa nostra Il nome della rosa.
Nei lettori odierni cambiano le abitudini, soprattutto per quello che riguarda le età della lettura (anche se a ogni fascia d’età la carta stampata continua a essere preferita ai libri digitali). Nei millennials, cioè i giovani tra i 18 e i 35 anni, il piacere, o il bisogno, di leggere scende man mano che cresce l’età: fino ai 25 anni, il trenta per cento dei ragazzi legge più di dieci libri l’anno, superata quella soglia anagrafica il 44% si attesta sui tre o quattro libri lungo tutto l’arco delle stagioni, mentre è solo il ventisette per cento che ne legge oltre una decina.
Nel caso di questi giovani digital native non c’entra il livello di istruzione e neanche le seduzioni dell’informatica, dove gli adolescenti e i ventenni si sentono a casa, ma un vero e proprio calo di desiderio verso un oggetto, il libro, precedentemente amato. Diverso il volto del lettore odierno anche tra Nord e Sud: dal Centro in giù si legge meno, anche se è minima, in tutta la penisola, la quota, intorno al 5% di chi non legge mai un libro.
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